Confesso che di tanto in tanto la rinuncia volontaria allo stadio mi costa fatica. Poi leggo dei cori degli ultras veronesi, ascolto il sottofondo ambientale delle partite di cartello tipo quella di sabato a Torino e benedico quella sera a San Siro di ormai undici anni fa in cui all'improvviso decisi di andarmene e di non mettere mai più piede in uno stadio. Italiano.
Ma per quanta legittima ripugnanza possa suscitare un coro come quello di Livorno, non mi pare si possa scoprire oggi la prevalenza del decerebrato da curva. Sono altre le novità del fine settimana. Per esempio che un bravo allenatore come Mandorlini, peraltro già recidivo, si permetta alla vigilia della partita di rivendicare il suo odio per Livorno e i livornesi. Con quale senso di responsabilità, visto che il suo uditorio privilegiato è per l'appunto quello degli ultras veronesi? E che alla sede Rai di Torino un giornalista, si fa per dire, si permetta di confezionare un servizio come quello che ha giustamente fatto scandalo, e un altro, che passa per decano, in uscita dal servizio stesso non si senta in dovere di scusarsi immediatamente, o quantomeno di prendere le distanze.
D'altra parte ho appena riletto, ma proprio di passata, gli ultimi interventi su questo povero blog. Ritrovando paro paro, con sempre meno eccezioni, lo stesso, desolante brodo di coltura.